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Si trova su di un'alta collina, che a tratti si affaccia sulla media vallata del fiume Aso. Nel medioevo era uno dei più importanti e popolosi centri della zona, oggi conserva numerose tracce del suo antico splendore. Diverse ipotesi sono state formulate sul nome e sulla fondazione, alcuni lo fanno risalire al VII-VIII secolo d.C., per mano di un immaginario condottiero longobardo chiamato Eliprando o Elprando. Il letterato di San Severino Francesco Panfili, vissuto tra XV e XVI secolo, sosteneva che il nome derivasse dai due colli con altezza simile, quindi pari. Precedentemente anche Quinto Calvi da Quintodecimo aveva fatto le sue ipotesi, rimandandone la fondazione al vescovo di Ascoli Elperino, smentita dal fatto che Montelparo non è mai stato sottoposto alla diocesi picena. Più veritiera è l'origine a partire dal nome del proprietario dei terreni dove è sorto il centro, quindi il Monte di Elprando, nome probabilmente di origine germanica, forse longobarda. Nel XIII secolo si inizia ad utilizzare il toponimo attuale, anche se compare in altre versioni, tra cui quella dialettale sopravvissuta fino ad oggi. L'attuale centro prende vita a partire dal medioevo, mentre nelle sue contrade sono stati rinvenuti vari reperti romani e piceni, testimoniando una frequentazione già dall'antichità. Nasce all'interno dei territori dell'abbazia farfense di Santa Vittoria in Matenano, essendo a breve distanza dalla capitale monastica, ne sarà sempre strettamente legato. Si suppone che il primo nucleo abitato fosse costruito nelle pertinenze della "Corte" di Sant'Antimo, probabilmente distaccatasi dalla vicina Blotenano, in quanto citate insieme nei diplomi imperiali di Ottone I nel 967 ed Ottone III nel 998, che la confermavano ai farfensi. Compare successivamente come corte di "Mons Elprandi" in alcuni documenti della cancelleria abbaziale. Nel 1152 una concessione di privilegi da parte dell'abate Berardo V al monastero di Santa Vittoria, lo menziona alcune volte insieme alle corti Montefalcone, Santa Vittoria ed il castello di Capistrello. Sempre nella stessa carta, gli viene anche assegnato un addetto alla riscossione dei tributi. Le concessioni dell'abate Pandolfo nel 1183 citano alcuni beni nei pressi di Roncone, nel territorio montelparese, nel 1192 concede invece alcuni possessi all'interno del castello di Montelparo, denotando la trasformazione da villaggio rurale a centro fortificato. Altre fonti datate lo stesso anno, distinguono tra la popolazione del castello, quella dipendente dai monaci e quella vassalla di alcuni rami della famiglia dei "da Falerone", quello di Belmonte e quello di Chiaramonte. Nel XIII secolo era stabilmente sotto il governo farfense, crescendo di densità abitativa, importanza ed autonomia. Presumibilmente ottiene lo status di "Libero Comune" durante il primo ventennio del secolo, analogamente ad altri centri farfensi come Santa Vittoria, Offida e Montefalcone. La prima citazione è del 1222 e viene dagli archivi del monastero ascolano di Sant'Angelo Magno, dove compare il monaco farfense Enrico da Cossignano come podestà comunale. Da questo momento inizia il suo processo di espansione territoriale, annettendo anche le popolazioni dei castelli limitrofi. Catigliano, centro fortificato situato a nord del capoluogo, tra Monte Rinaldo e Monteleone, viene distrutto nel 1242 ed i suoi abitanti costretti a trovare un'altra residenza, si dividono tra Monteleone e Montelparo, qui fonderanno un proprio quartiere e vi ricostruiranno le chiese castellane: San Pietro e San Martino. Nello stesso anno Rinaldo di Castelnuovo vendeva le proprietà nel castello di Bucchiano al comune, stessa cosa faranno nel 1245 il conte Ruggero e suo figlio Ferro, all'epoca podestà del comune, aggiungendo il castello di Pastina. L'anno precedente una nota dell'archivio cittadino, cita il podestà: l'ascolano Assalto di Taffurio, a capo di una delegazione comunale ad Osimo. Inoltre, lo ricorda a capo di una rappresentanza delle milizie montelparesi, presso la corte imperiale a Faenza. In quel periodo, si vedeva accrescere il potere territoriale delle vicine città di Ascoli e Fermo, ma la tradizione autonomistica, tipica dei centri farfensi, farà sì che rimarrà lontano dalle due potenze. Nel 1257 ottiene previo pagamento di una forte somma di denaro, l'esenzione dai vincoli feudali e dalla tassa annuale che il comune pagava a Farfa, per aver il suo riconoscimento. Ne rimarrà comunque dipendente per quanto riguarda il potere spirituale e la giurisdizione di gran parte delle chiese del territorio, ma ottiene la libertà di poter seppellire i morti in sede e non nel monastero di Santa Vittoria, come da consuetudine. Durante gli scontri tra Guelfi e Ghibellini, che funestavano la marca in quel tempo, il castello rimane saldamente attaccato ad i primi, quindi al papato. Nel 1254 si segnala l'opposizione armata contro alcuni ribelli, che denunciarono i montelparesi al Governo della Marca, ma protetti da Papa Innocenzo IV non subiranno alcuna condanna. Con l'abate Pellegrino, nel 1260 il comune ottiene il privilegio di potersi svincolare dal potere del priore dell'abbazia di Santa Vittoria, ma solo per un brevissimo periodo, dato che il Vicario di Farfa lo revocò, giudicandolo inaccettabile. Ormai il potere abbaziale andava verso una veloce decadenza, Papa Urbano IV cercò di porre rimedio al declino, elargendo nel 1262 la "Nullius Diocesis", ossia la diretta dipendenza dalla Santa sede a ciò che rimaneva del patrimonio farfense, Montelparo inclusa. Due anni più tardi anche il ramo dei signori di Chiaramonte, trasferiranno al comune i diritti su parte del castello e per metà di Torre di Casole, insediamento divenuto in seguito Monteleone. L'elezione al Santo soglio dell'ascolano Niccolò IV, porta una serie di benefici ai municipi della sua terra, nel 1291 concede al municipio il privilegio di eleggere autonomamente il proprio podestà, oltre alle altre cariche del governo cittadino. Altri documenti lo menzionano nel 1295: si narra di una condanna al pagamento di una multa per un cittadino ed un contratto di acquisto, stipulato dal comune, di alcuni mulini lungo l'Aso. Ricompare nel 1301 quando il castello riceve una multa da parte del Governo della Marca, per aver dato rifugio ai banditi Marchetto e Giovanni da Rovetino, contrada di Rotella confinante con Montelparo. Iniziano gli scontri con il castello di Bucchiano, avverso al pontefice. Interessante è la presenza di un ghetto ebraico, nel 1320 viene stipulato un contratto tra un ebreo ed il comune, è segnalata anche la presenza di un banco dei prestiti, gestito dalla comunità giudaica locale. Nel frattempo i ghibellini di Fermo, capitanati da Mercenario da Monteverde, insieme a quelli di Fabriano, Osimo e Recanati, si erano ribellati alla chiesa. Gli scontri che ne seguiranno vedono come protagonisti anche le milizie montelparesi; tornata la pace, per la fedeltà dimostrata alla Santa Sede, nel 1323 la popolazione si meriterà la gratitudine e le attenzioni di Papa Giovanni XXII. Risulta ancora direttamente soggetta al papato durante l'arrivo nella marca del Cardinale Albornoz, con la missione di riportare all'ordine i rivoltosi territori dello stato ecclesiastico, durante la cattività avignonese. Nelle sue "Costituzioni Egidiane" del 1357, il castello risulta tra le piccole cittadine. Nel 1375 a Fermo saliva al potere Rinaldo da Monteverde, il suo governo piuttosto spregiudicato come era in uso all'epoca, portò diversi attriti lungo il confine del comitato fermano e della decadente potenza farfense, che correva ad oriente di Montelparo. La controversia scoppierà per il castello di Bucchiano, passato nel 1333 sotto il controllo di Fermo ed ora occupato da un gregario del "da Monteverde". Il presidiato farfense che riteneva il signore fermano uno dei suoi peggiori nemici, spinse per una soluzione drastica: le sue milizie e quelle montelparesi, sopraggiunto il benestare del governo pontificio, assaltarono Bucchiano radendolo al suolo, Papa Urbano VI perdonò le violenze e le devastazioni compiute. Una guerra era scoppiata con i territori di Santa Maria in Lapide, oggi Montegallo; viene ricordata da un trattato di pace stipulato tra le due nel 1378. Meno denso di avvenimenti è il XV secolo, dove si registrano solo un concordato con il comune di Santa Vittoria nel 1439, mentre nel 1467 si assiste ad una regolarizzazione dei confini tra le due. Altri scontri di confine, più cruenti, scoppiano agli inizi del XVI secolo con Monte Rinaldo; a dare fuoco alle polveri sarà la vecchia questione di Bucchiano e del suo feudo, spartito tra le due comunità ma evidentemente mai regolarizzato. Gli scontri che ne seguirono, sfociano in un conflitto armato quando nel 1507, aiutati dagli ascolani, i montelparesi tentarono l'assalto al castello rivale approfittando dell'assenza dell'esercito fermano, impegnato altrove. Nonostante la disparità di forze, le operazioni di guerriglia dei monterinaldesi, riuscirono a respingere le forze ascolane. Si trova ancora la presenza di banchi di cambio ebraici nel 1530 e nel 1535, mentre tra il 1542 e 1545 il pontefice concedeva la "Tolleranza" a diversi cittadini di religione giudaica; nel 1567 si aggiornano gli statuti comunali. La situazione muterà con l'elezione al soglio pontificio di Sisto V nel 1585, religioso nato a Grottammare da famiglia di origini montaltesi, che si prodigherà di ricoprire di onorificenze la sua terra. Già nell'anno della sua elezione invierà una Breve Pontificia alla comunità montelparese. Nel 1586 comprende il comune in quello che rimaneva del Presidato Farfense, ristrutturato dal pontefice in quello che sarà il Presidato Sistino, con capoluogo a Montalto, che amministrerà la giustizia per oltre due secoli. In questo periodo emerge la figura di Gregorio Petrocchini, originario del paese, che diventa superiore dei monaci Agostiniani ed infine viene nominato Cardinale, anche lui contribuisce ad arricchire il paese. Forse ricopiando gli statuti precedenti dei quali la comunità si era munita a partire dalla fine del XIII secolo, stampati infine ad Ancona nel 1570. Dalla seconda metà del XVII secolo, inizia la decadenza del centro causata soprattutto da una serie di frane che inizieranno a rendere inagibile il versante settentrionale dell'abitato, nel 1683 avvengono i primi scivolamenti del terreno. Intanto decadranno le ultime istituzioni farfensi nel 1632, quando saranno chiusi i monasteri per ordine di Urbano VIII, elevandone le chiese a Collegiate. Tremendo sarà il contributo del terribile terremoto del 1703, che fece sprofondare a valle gran parte dell'abitato esposto a Nord. Tra i vari edifici perduti vi era il vecchio palazzo comunale, anche la chiesa di San Michele Arcangelo rimarrà danneggiata. Gli edifici perduti saranno mano a mano ricostruiti a meridione del centro abitato. Si registra nel 1781 la ristampa degli statuti, avvenuta a Fermo. Sul finire del XVIII secolo, gli Stati Pontifici sono sconvolti dalle filosofie rivoluzionarie, supportate in armi dall'esercito francese. Vengono dichiarate decadute le precedenti amministrazioni e proclamata la Repubblica Romana nel 1798. Il paese viene annesso nel Cantone di Santa Vittoria, compreso nel nuovo distretto di Ascoli che insieme a quello di Fermo e Camerino, costituivano il Dipartimento del Tronto. La Repubblica ebbe vita breve e già qualche mese dopo, si ripristinavano gli antichi ordinamenti. Napoleone nel 1808 unisce gli Stati Pontifici al suo Regno d'Italia, vengono riproposte le precedenti suddivisioni repubblicane, stavolta però viene sottoposto al cantone di Petritoli, nel distretto di Fermo. Con la fine dell'epoca napoleonica si procede con la Restaurazione del potere pontificio, nel 1816 vengono create le Delegazioni Pontificie, che ammodernavano i territori del papato. Il paese finisce dapprima in quella di Ascoli, sotto il distretto di Montalto come capoluogo di governo, in quanto assai popolosa. Dopo le riforme del 1833 emanate da Gregorio XVI, torna alla Delegazione di Fermo, nel distretto di Santa Vittoria fino all'Unità d'Italia nel 1861; viene quindi compreso nella provincia di Ascoli Piceno. Nel secondo dopoguerra subisce un forte spopolamento, considerando che in passato era uno dei paesi con maggior popolazione dell'area. Dal 2004 rientra a far parte della risorta provincia di Fermo.
Solitamente si sale al centro storico passando per la rotonda stradale che si trova ai suoi piedi, dove convergono diverse importanti strade che raggiungono i capoluoghi circostanti. Da qui si sale fino ad arrivare al cospetto del grande torrione rotondo, trasformato in seguito nell'abside della chiesa di San Gregorio. Continuando diritto si prosegue lungo la via principale, altrimenti svoltando a destra si sale fino alla grande piazza Cavour, caratterizzata da una fila di arcate, dove è possibile parcheggiare. Ci si addentra nel paese passando davanti alla facciata incompiuta di San Gregorio, dinanzi si nota la mole di palazzo Lombi; addossata su di un fianco della chiesa vi è Porta da Sole. Da lì si scende per il corso del paese, se invece si volge lo sguardo verso destra, si incontra subito il portale gotico della chiesa di San Pietro, appartenuta al monastero ascolano di Sant'Angelo Magno. Si può salire dalla scalinata davanti alla chiesa fino a raggiungere via Castello, dove si è subito accolti dal bel palazzo attribuito al cardinale Petrocchini, con le sue decorazioni in cotto. A destra della scalinata vi è l'edicola della Madonna del Soccorso, mentre una rampa scende verso la sottostante piazza Cavour. Davanti al palazzo un grande portale in cotto con architrave, dove campeggia una scritta latina, ricorda l'antica sede del Monte Frumentario del paese. Proseguendo lungo la pianeggiante via Castello, si incontrano diverse abitazioni degne di nota, soprattutto verso la fine della strada, dove la compatta fila di case termina e lascia spazio ad un bel panorama sulle montagne. Gradevole è il palazzetto quattrocentesco che fa angolo davanti alla scalinata che scende verso la parte bassa dell'abitato. Continuando, si nota sulla destra la monumentale sagoma della chiesa di Sant'Angelo, punto più alto del paese, davanti si allarga una piccola piazzetta con una balconata panoramica rivolta a Nord, sopra la parte franata nel XVIII secolo. Oggi vi è stato realizzato il parco Enzo Marziali, con le strutture sportive e più in basso, si vede spuntare il piccolo campanile di Sant'Antonio, adiacente al minuto Parco delle Rimembranze. Scendendo per la chiesa di Sant'Antonio, si oltrepassa una piccola pineta e si svolta a destra, dove un tratto rettilineo prosegue separando il parco giochi dai giardini del centro medico del paese. Attaccata su di un angolo della struttura sanitaria vi è la chiesa di Santa Maria Novella, che introduce all'omonima via dove è possibile tornare a piazza Cavour. Oppure, si può scendere ancora da una piccola stradina che corre sul fianco dello storico palazzo Virgili, fino a ricongiungersi con via Vittorio Emanuele e via Catigliano, che giungendo fino ad un bel palazzo rinascimentale, esce dal centro storico. Dalla parte opposta invece, si torna sempre nella piazza di partenza, notando alcune abitazioni di pregio lungo il percorso. Finalmente si procede per il corso principale del paese, magari passando da Porta da Sole. La strada è ancora popolata da qualche attività commerciale ed interessanti sono alcuni palazzi, di origine ottocentesca, che si alzano sul lato destro della via. Continuando sul corso si arriva quindi al municipio, dove il viale si allarga su di una piccola piazzetta dominata dalla chiesa di Sant'Agostino e dal suo convento, davanti alla moderna balconata, dove la vista si espande a partire dal Monte dell'Ascensione fino alla catena dei Sibillini ed al Monte Falcone.

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